Descrizione di un caso

di Gabriella Sattanino – Tratto dalla rivista “La Linea Mediana”, organo dell’A.I.Bi.C. – Associazione Italiana di Biodinamica Craniosacrale

Ho scelto di raccontavi di questo cliente, che ancora sta ricevendo trattamenti ad intervalli di 20 giorni, perchè durante una seduta è successo qualcosa che mi ha fatto fare un piccolo “saltino” in avanti nella comunicazione non verbale con un altro essere vivente.
Si tratta di un uomo di 43 anni, che aveva deciso di iniziare i trattamenti perché da tempo “lottava” senza successo con la scarsa stima di sé, con il suo essere spesso indeciso e veniva da un periodo di anni di analisi, che però non avevano portato a cambiamenti significativi. Apparentemente poco emozionabile, calmo, controllato, persino incapace di adirarsi davvero o di esaltarsi per qualcosa. Stava nel grigio…Nessuna patologia particolare, nessuna medicina assunta, una salute buona in generale (ad esempio ricorda 1-2 influenze in tutta la sua vita), digestione ottima, il sonno spesso leggero, ma senza insonnia. Unico fastidio un dolore alle ginocchia da qualche anno che andava e veniva e che era stato etichettato come una possibile patologia meniscale.
Come mi è capitato con altre persone, per i primi 2 trattamenti mi sembrava di avere a che fare con un corpo freddo, pesante, ben corazzato (è un termine che mi viene spontaneo usare quando sento un corpo che è si vivo, ma molto compresso, come se tutte le funzioni cellulari ci fossero, lì attive, ma in profondità e chiuse in un involucro stretto e rigido che le limita e le vorrebbe proteggere dall’ambiente esterno). Ai piedi i movimenti del Respiro Primario erano deboli e appena accennati, il sacro un blocco che premeva sul lettino. Senza contare che si addormentava dopo pochissimo per poi risvegliarsi come da un sonno profondo tanto da rimanere quasi rallentato, ma non con una piacevole sensazione di rilassamento, anzi di stanchezza.

A questo punto mi era chiaro che avrei anche potuto continuare ad osservare e vedere dove saremmo finiti, ma la mia aspettativa non ce la faceva a tacere e la domandina era sempre lì: “e adesso? Ma così non si va da nessuna parte!”. Visto che però particolari idee brillanti non mi venivano, di fronte a questo corpo congelato, pensai di continuare dando molto più spazio e lavorando più che altro su di me, sulle abilità di base. Fortunatamente riuscii davvero a fare 2 trattamenti con un atteggiamento di non giudizio. E qui accadde la prima cosa curiosa: quando finalmente i tessuti sembravano volermi mostrare che conoscevano e ricordavano i loro movimenti ed io seguivo per 2-3 minuti l’inspirazione, l’espirazione, la fluttuazione longitudinale o dei piccoli vortici ecco che qualcosa, in modo brusco li interrompeva, la magia spariva e il cliente si addormentava!
E va bene, pensavo, sarò io che mi distraggo, ma la mia sensazione era che il cliente non fosse ancora pronto a comunicare, ad iniziare a raccontarsi, e quando si accorgeva di aver “perso il controllo”, chiudeva di nuovo porte e finestre. Continuammo così e alla sesta seduta lavorai di più sulle gambe, sia perché mi sembrava che ci fosse tanta energia racchiusa e che ci fosse bisogno di prendere consapevolezza dei suoi arti e sia perché aveva dolore alle ginocchia. Ho lavorato sia con una mano sotto il piede ed una sotto il ginocchio, sia poi mettendo la mano sopra e sotto il ginocchio, perché si manifestarono molti movimenti di trazione verso l’alto e di torsione che mi fecero decidere di provare a lavorare con la fascia inducendo piccoli “scollamenti” del tessuto a livello del ginocchio che in effetti portavano alla liberazione di ampie onde di fluttuazione longitudinale. (Viola Frymann ci suggerisce la via da seguire quando parla delle tecniche per le fasce connettivali. A me è sempre piaciuto molto il concetto da lei espresso: “…bisogna lasciar srotolare il cavo in un senso, poi inizierà a torcersi in senso opposto e via, in modo alterno, sino allo spontaneo raggiungimento dell’arresto”).

Ma molto bello fu il fatto che il cliente sentiva il suo corpo, mi descrisse esattamente tutti i movimenti che erano avvenuti, non si addormentò e , al termine si sentì più rilassato ed anche, come esattamente disse, più presente. Al trattamento successivo tornai sul sacro ed anche qui i movimenti della colonna e del sacro furono più chiari per me ed anche per lui! All’ottava seduta ad un certo punto, decisi di andare ad ascoltare la linea mediana: quando la mia mano destra aveva il dito medio appoggiato delicatamente sul terzo occhio dopo un po’ avvertii un piccolo vortice che sembrava spingere il mio dito, lento e piccolo; chiesi al cliente: “Come va?” e dal momento che lui mi disse: “Tutto bene, sento un po’ fresco alla testa ma è piacevole”, stetti ancora lì, cercando di ampliare la percezione e dare molta luce e spazio. Poi, istintivamente, tenni una mano sul sacro e l’altra sull’occipite e qui avvenne quel “qualcosa” di molto particolare: dopo un po’ la mia mano sembrava essere entrata nella testa del cliente e massaggiare le strutture sottostanti, e tutto era accompagnato da un senso di quiete.
Dopo questa seduta il cliente non appena si mise seduto mi disse: “Ad un certo punto mi sembrava di essermi allargato, di non avere più confini, era strano ma bello.” Pausa e poi, di botto: “C’è un bimbo piccolo qui dentro, ma non so se voglio che venga fuori, perché qui è più protetto”. Non voglio dilungarmi ora su cosa poi rappresentasse per lui questo bimbo e soprattutto non ho certo voluto fare della analisi, anzi l’ho invitato a non cercare di razionalizzare questa esperienza, perché le risposte sarebbero arrivate comunque dal suo corpo, dalla sua memoria, dal suo inconscio. Ma la cosa interessante è che dopo questa seduta è cambiato molto il suo modo di rapportarsi al suo corpo, di ascoltarsi, di vivere le sue emozioni in modo più pieno, finalmente riusciva ad arrabbiarsi come chiunque se, per esempio, rompeva accidentalmente qualcosa o era in una coda interminabile in macchina, e provava libertà in queste piccole cose, cosi come l’ascoltare musica gli faceva venire voglia di ballare!
E’ stato inevitabile, per me, pensare che quel contatto particolare avesse permesso di dialogare in modo più profondo e, inoltre, mi rafforza la convinzione che più si ascolta davvero e si segue l’istinto, magari finendo di fare un trattamento completamente fuori da uno schema prefissato, più si prova davvero la magia di dialogare in modo profondo e si scopre che se un tessuto viene davvero ritrovato ed osservato esso riesce a “risuonare” e a far riemergere tutta la memoria, la storia, le emozioni, le esperienze che ha in sé racchiuse.
Da allora, mi è ricapitato con diversi altri trattamenti, ed ora io rimango sempre stupita ad osservare questa magia meravigliosa che accade! Infine, vi vorrei a questo proposito, lasciare con alcune righe scritte da Pierre Tricot, che combinazione ho letto pochi giorni dopo quel trattamento e che mi sono state di conforto… “ebbi l’intuizione che per giungere a qualcosa necessitava entrare nella struttura…quando mi sembrò di essere entrato nella struttura il movimento partiva lento, pesante ma quasi maestoso e liberatore…ebbi l’impressione che i tessuti mi chiedessero sempre di più…” e, pur riferendosi ad un approccio più meccanicistico, Tricot, ci fornisce questo suggerimento: “…talvolta si riesce a raggiungere un accordo palpatorio tra la tensione nelle nostre mani e la resistenza dei tessuti, ed allora avremo una sensazione di fluidità, quasi di tipo plastico.”