Nihil est in intellectu, quod prius non fuerit in sensu.
Niente è nell’ intelletto, che prima non sia stato nei sensi.
a cura di Paolo Maderu Pincione
La sede a Roma, dei nostri corsi di formazione in Biodinamica Craniosacrale, è a circa cento passi dalla chiesa di San Francesco a Ripa, a Trastevere, dove c’è l’ultima opera scultorea del Bernini, “L’Estasi della Beata Ludovica Albertoni”. E’ la fonte di ispirazione per questo articolo.
estasi: dal greco ex-stasis, essere fuori, star fuori di sè.
enstasi: in alternativa all’essere fuori, essere dentro, termine coniato da Mircea Eliade, per definire il samadhi.
samadhi: dal sanscrito, mettere insieme, unire con.
La rappresentazione dell’estasi mistica è un tema molto diffuso nella cultura cattolica del1600. Il culmine espressivo viene raggiunto da Gian Lorenzo Bernini, 1598-1680, famoso architetto, pittore e scultore.
Tra il 1647 e il 1652 il Bernini crea il complesso dell’Estasi di Santa Teresa d’Avila, nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, che è considerata il suo capolavoro scultoreo.
Nel 1674, quasi vent’anni dopo la prima “estasi”, termina una delle sue ultime sculture, morirà sei anni dopo, l’estasi della Beata Ludovica Albertoni, nella chiesa di San Francesco a Ripa a Roma.
Mi sembra significativo usare le immagini di queste due opere per un percorso esperienziale e sui significati attribuiti all’estasi e sugli stati di coscienza.
Osservare un’opera d’arte è un modo di sperimentare il proprio sentire in relazione ai significati che l’opera propone.
“Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l’angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio.”
Teresa d’Avila
Esperienza
– 1 Partiamo da noi stessi e dalla nostra capacità di ascolto interiore. Sperimentiamo come nella meditazione dinamica di Osho, gli stati di attivazione del Sistema Simpatico e, per contro quelli “attivazione” Parasimpatica. (per chi ha meno tempo può fare le fasi tre e cinque: saltellare urlando “UH” fino allo sfinimento e poi fermarsi e meditare nella quiete)
– 2 Ora siamo pronti per guardare verso l’esterno. Nella prossima pagina, prima l’Estasi di Santa Teresa d’Avila, nella successiva quella di Ludovica Albertoni. Nonostante vediamo riproduzioni bidimensionali di opere tridimensionali, il volto, il corpo, i volumi e le espressioni possono attivare le nostre sensazioni e le emozioni successive. Stiamo attivando i neuroni specchio (Rizzolati) e il sistema nervoso sociale (Porges). Rimaniamo sull’osservazione del nostro personale felt-sense (Gendlin), la sensazione sentita-percepita.
– 3 Proviamo ora ad assumere un atteggiamento corporeo che entrambe le statue ci hanno suggerito. Il volto e la sua espressione, il corpo e la sua postura. Anche in modo dinamico, magari emettendo dei suoni, usiamo l’immaginazione per diventare uno specchio vivente dell’essenza percepita dalle due statue.
– 4 Diamo dei nomi, definiamo l’esperienza e chiediamoci: cosa sento? Dove lo sento nel corpo? Cosa mi rievoca?
– 5 Saremo allora pronti per analizzare e contestualizzare tutto questo materiale, dall’analisi critica dell’opera ai significati neurologici attribuiti all’estasi. La ricerca sugli stati di coscienza.
Cosa è successo nell’esperienza? Abbiamo sentito che nell’immedesimarsi in uno stato estatico è simile ad un orgasmo? O ad una grande sensazione di abbandono?
Chi ha immaginato una condizione di pre-morte (quella indicata dal Bernini per la beata Ludovica). Quali altri nomi possiamo dare alle sensazioni: beatitudine, calma o agitazione, sofferenza o godimento.
A quale degli stati del sistema nervoso autonomo appartiene l’esperienza?
LA TEORIA
Tutto questo per introdurre la mappa che lo psichiatra americano Roland Fischer, redasse in uno splendido articolo comparso sulla rivista Science nel 1971 dal titolo: “A Cartography of the Ecstatic and Meditative States”.
Fisher definisce sistema ergotrofico l’attivazione simpatica e trofotrofico l’attivazione parasimpatica.
I numeri da 35 a 7 son coefficienti di variabilità dell’elettroencefalogramma.
L’elemento determinante per il passaggio da uno stato di coscienza all’altro è espresso dalla velocità di elaborazione del cervello. In altri termini, cambiare la velocità di lavoro del cervello significa cambiare stato di coscienza. Per cui, come lo stato ordinario di coscienza è rappresentato da un equilibrio ottimale tra le informazioni che il cervello riceve e quelle che elabora, così, se tale equilibrio viene a mancare, ecco che si possono manifestare stati non ordinari di coscienza.
L’estasi, nello schema di Fischer, è lo stato di massima velocità di lavoro del cervello. In questo stato la coscienza non riceve più dati sensoriali dall’esterno per cui, non avendo più alcun materiale in arrivo, essa può analizzare, in un certo senso, se stessa.
Se invece la velocità di elaborazione diminuisce, la gamma degli stati di coscienza si sposta verso un continuum di percezione, sino al Satori del buddhismo Zen e al Samadhi dello Yoga.
Questa parte della mappa comprende importanti aspetti della religiosità orientale. Entrambi i percorsi sono caratterizzati da una graduale interiorizzazione, passando da una dimensione fisica (immagini sensoriali in ingresso) ad una mentale o interiore.
Dallo schema che compare nell’articolo di Fischer, si vede come i due percorsi, partendo dal medesimo punto che è lo stato di veglia, si dividano per seguire due direzioni diametralmente opposte. Alla fine di ciascun percorso, si arriva comunque alla stessa meta dove ognuno di noi può, se si realizzano certe condizioni, venire a contatto con il proprio Sé.
tratto da : da GLI STATI DI COSCIENZA ALTERATI con Marco Margnelli
Ricordo alla conferenza “Breath of Life” di Londra 2013 che nel suo intervento Peter Levine riporta la stessa mappa e ne sottolinea l’aspetto interdipendente delle due condizioni “opposte”, che sono in realtà due polarità di un unicum sintetizzato dal simbolo della lemniscata (e dell’infinito), un tutto che scorre tra gli estremi, passando per il centro.
Marco Margnelli nel libro “L’estasi” (edizioni Sensibili alle Foglie, 1996) dice che la coscienza interpreta i dati sensoriali (sia interni che esterni, provenienti dalle stesse profondità del sistema nervoso) in base a “programmi di elaborazione dati” che non mutano da uno stato modificato di coscienza con l’altro, ma semplicemente sono fatti girare a velocità sempre più elevate o sempre più rallentate, in modo che elaborano/interpretano i dati in modo differente da quello dello stato di veglia.
I programmi più importanti sono: “lo schema corporeo”, “il mondo di riferimento” e “l’identità”
Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu
Continua …
Due libri di Marco Margnelli