a cura di Maderu Pincione
Dean Hamer, del Centro di genetica dell’Istituto nazionale di ricerca sul cancro, USA, è un genio della biologia, ha trovato nel cromosoma 10 una variante del gene VMAT2, che ritiene responsabile un maggior o minor grado di spiritualità. Ci ha scritto pure un libro “The God Gene” (il gene di Dio).Anni prima aveva fatto un’altra incredibile scoperta, che, a dir il vero non ha avuto molto seguito, il gene che predispone all’omosessualità.
Che la fede, le tendenze sessuali e le caratteristiche dell’anima che credevamo fino ad oggi trascendenti siano invece determinate dalla nostra immutabile e inevitabile eredità genetica è la conquista della scienza biologica e il passa parola del momento.
La cultura genetica trasmette una idea di ereditarietà a cui non ci si può sottrarre, come il nostro destino, e da un’altra parte si arriva a considerare la spiritualità, come qualcosa di cablato e codificabile.
Per nostra fortuna il libro non è stato tradotto in italiano ma trovo tracce delle conseguenze di queste illuminanti teorie su “D” di Repubblica che riporta un pezzo di Arianna Huffington dell’Huffingtonpost sugli istinti dell’uomo, la sopravvivenza, il potere (?!), la sessualità e il quarto istinto alla spiritualità… e questa è, giornalisticamente, la novità salvifica. http://d.repubblica.it/dmemory/2013/08/10/attualita/ariannahuffington/032attualitaart6932032.html
Nella nostra ricerca della dimensione Sacra della Biodinamica Craniosacrale, abbiamo anche la genetica e gli istinti umani.
Nell’esperienza stessa dell’incarnazione c’è l’origine antropologica della nostra dimensione spirituale.
Il Sacro il Divino sono tutto intorno a noi e parte di noi.
L’embriologo olandese Jaap van der Wal, MD, PhD in un articolo tratto dal suo corso “the Speach of the Embryo” (la parola all’embrione) propone il sentire l’esperienza embionale-fetale, il passaggio da uno “stato di coscienza” ad un altro e le similitudini tra la vita e la morte, c’è un’altra dimensione ?
Immagina di essere (ancora) un feto. Pensando che il mondo sia come te, lo conosci e lo sperimenti in quel momento. In quale altro modo potresti immaginarlo?
Ti sei appena svegliato in questo mondo, in questa realtà, esercitando e scoprendo i tuoi sensi, stai ancora sognando e lentamente, gradualmente, stai diventando consapevole delle cose, del mondo intorno a te. La tua esperienza non va oltre un caldo manto d’acqua: un calore indistinto ti avvolge, ti riconosci trasportato in una coperta che si arrotola e che viene data con delicatezza. La consapevolezza non va al di là di ciò. E’ buio, di tanto in tanto c’è una luce che risplende sommessamente, si sentono rumori confusamente attenuati, voci e il battito mormorante di un cuore.
E’ qui, tutto intorno a te. Le cose non hanno ancora un nome, non ci sono ancora concetti. Potresti pensare: “Questo, questo è il mondo, è la realtà; e allora? Come sarà la mia vita?”.Come potresti saperlo meglio? E ti affezioni a questo mondo.
Arrendendoti completamente, cominci a costruire la fiducia e la vita in questo mondo, in questa coperta viva di membrane e di placenta. Questa è la tua salvezza e la tua sicurezza, è il luogo in cui trovi aria e cibo, qui vivi, qui ti sei stabilito; una base solida e sicura, sotto i tuoi piedi c’è la terra. “Guardami, appeso a corde lunghe quanto la vita”, come dice il poeta.
Immagina di essere (ancora) un feto e potresti pensare:”E’ così, è così che dovrebbe essere. Questa è la vita, l’esistenza; questa è la mia realtà, il mio mondo”.
E poi…? Poi c’è un momento in cui la base di membrane e di veli sotto i tuoi piedi comincia a tremare, a venir meno, a cedere! I legami che una volta erano affidabili e sicuri crollano, i vasi sanguigni si lacerano, quasi ti manca il respiro! Quell’ambiente sicuro che ti conteneva comincia a spostarti, ad allontanarti; sei scacciato, allontanato dal tuo paradiso, le tue basi vacillano, l’acqua che ti ha sorretto per tutto il tempo, che ti proteggeva, ti nutriva e ti copriva, scorre via. Sei stato cacciato via! Via? Dove?
C’è un mondo esterno? Non esiste il mondo esterno, non c’è un là, non c’è un altro modo di vivere, di esistere! E’ INCONCEPIBILE che tu possa andare avanti senza quel famoso mondo in cui ti sei svegliato, che ti ha sorretto e di cui ti fidavi!
Sei addolorato, angosciato, stai morendo…!
Ma allora…? Avviene l’INIMMAGINABILE! Alla fine di un tunnel stretto e buio tu sei vivo! E’ possibile! L’aria ti pizzica i polmoni, ma puoi respirare. E’ un modo di vivere sconosciuto; ci sono luce e rumori violenti, ma anche mani e braccia calde che ti sorreggono e ti confortano. Puoi anche mangiare ed essere nutrito, c’è un petto caldo su cui puoi ritornare a casa.
Non è lo stesso tipo di concetto che ora c’impedisce di dare un’occhiata alla frontiera della nostra morte? Com’è INCONCEPIBILE che si possa sopravvivere senza tutto ciò che rappresenta il nostro mondo, la nostra realtà attuale? Questo corpo, così familiare e una casa fidata, per tutta la vita, questo mondo in cui mi sento al sicuro e sono certo della mia vita. Potrebbe esserci qualche altro luogo, qualche altro modo? Una vita lì fuori? Non può esserci, è inimmaginabile!
Immagina di essere ancora un feto, in questa realtà, in questo mondo! Quel famoso giorno in cui potresti esser nato attraverso un tunnel in un altro modo vi vivere, vivendo dall’altra parte? L’inconcepibile come un’eventualità? E chissà, c’è qualcuno che ti aspetta in quell’altro mondo? Sanno che ci sei durante la gravidanza?
Nascere: morire a causa della coerenza e della totalità della nostra esistenza prenatale, passando da un là a qui.
Morire: andarsene da qui, nascere in un là, dall’altra parte?
Nascere e morire, due lati, due aspetti di una cosa simile, dello stesso atto?
JvdW
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