La Fascia come Organo dell’Interiorità

Un approccio olistico basato sulla fenomenologia embrionale e sulla morfologia
di Jaap Van der Wal

Tipicamente la fascia è descritta nella terminologia anatomica come discriminatore, separatore spaziale tra le strutture. La fascia è, a parte il sangue , tuttavia una delle principali forme della qualità del “meso”, che è una delle forme di base dei tre strati germinali dell’organismo umano. In verità il termine “Mesoderma” non è corretto perché non tiene in considerazione l’architettura funzionale del “meso” come “tessuto interno” ed essendo di diversa qualità rispetto all’ectoderma e all’endoderma che funzionano come limiti funzionali del corpo (pareti corporee). In verità non sono i visceri che rappresentano il “dentro” della nostra organizzazione corporea ma questa funzione è svolta dal meso con la fascia e con il sangue come loro maggiori rappresentanti. Un tale approccio fenomenologico ci chiede di capire l’architettura del “tessuto connettivo nel corpo come un tutto unico, ed in questo caso, la visone analitica della mente anatomica non funziona. C’è anche una citazione di AT Still che nomina la fascia come il luogo dove “l’anima dimora”. Che cosa hanno o no da spartire anima e fascia con l’anatomia e la topografia?

Dall’analisi fenomenologica si possono osservare ovunque nel corpo agire due principali tendenze funzionali nel tessuto connettivo. Le cavità corporee e le articolazioni rappresentano le qualità “dis-connettive” e di “formare lo spazio” del meso che permettono la mobilità; le qualità connettive d’altra parte creano connessioni anatomiche e meccaniche tra organi e parti del corpo. Nel cosiddetto sistema muscoloscheletrico questi due aspetti del tessuto connettivo si discernono chiaramente. Una descrizione archichettonica del meso come tessuto connettivo è perciò necessaria poiché la mente anatomica tende a dimenticare la continuità del tessuto connettivo come matrice integrante del corpo.

Un tale approccio conduce anche ad una visione alternativa dell’architettura del substrato coinvolto nella trasmissione delle forze verso le articolazioni sinoviali così come verso la distinzione di altre unità funzionali nel sistema locomotorio rispetto a quella tradizionale della triade muscoli, legamenti ed ossa (Van der Wal 2009). (1) Per esempio una descrizione architettonica dei tessuti muscolari e connettivi organizzata in serie l’uno con l’altro (come nella trasmissione delle forze) è più appropriata rispetto al classico concetto dove una forza “passiva” che guida strutture come i legamenti sono organizzate in parallelo con forze “attive” che trasmettono strutture come muscoli e tendini. “Dinamenti” (2) (concepibili elementi di tessuti connettivi e muscolari in serie (l’uno con l’altro) sono capaci di controllo di movimento e forza attraverso tutta la gamma del movimento. Un tale concetto è anche più in armonia con gli emergenti campi e forze durante lo sviluppo embriologico del corpo (come descritto da Blechschmidt) così come i moderni modelli di sintegrità e tensegrità quali principi organizzativi dell’apparato locomotorio. In questi modelli la chiave è non il movimento ma la postura spaziale realizzata dell’interazione architettonica di spazi rigidi che modellano elementi (scheletro) ed elementi connettivi flessibili (muscoli, legamenti e dinamenti). Questo si accorda con i moderni concetti neurofisiologici dove è chiaro che non l’anatomia muscolare è rappresentata nella corteccia cerebrale ma la funzionalità locomotoria (il cervello non sa niente dei muscoli). I muscoli non sono GLI organi contrattili, il tessuto muscolare rappresenta anche la “meso” qualità ma in un modo più dinamico del tessuto connettivo poiché è in grado di connettere e formare lo spazio dinamicamente attraverso la contrazione e il rilassamento. In questo modo i muscoli (o dinamenti) controllano la posizione spaziale degli elementi anatomici (scheletro) tra i quali sono organizzati.

Anche la solita distinzione tra i cosiddetti ricettori articolari e muscolari appare in questo modo artificiale. I meccanorecettori (e le fibrte muscolari) sono organizzati in contesti di forze di trasmissione, cioè dell’architettura dei muscoli e del tessuto connettivo piuttosto organizzati lungo le “classiche unità anatomiche”, come muscoli, capsule e legamenti. La percezione di sé come corpi con una “interiorità” (percezione corporea) non è semplicemente sinonimo della propriocezione meccanica attiva nel sistema locomotorio. Quest’ultima rappresenta il meccanismo sensoriale essenziale per la guida e la conduzione di forze e porta alla Statesthesia e Kinesthesia (la percezione posturale statica e nel movimento). La propriocezione di sé di tipo psicologico (percezione corporea) è una categoria differente e potrebbe essere legata alla “meso – dimensione” del nostro corpo e perciò non topograficamente localizzata. Si verifica o agisce nel meso. Perché non estendere il concetto di fascia alla intermedianità del meso?

jaap embrio