La magia di un ambiente naturale: la nascita di Ephrem

di Clara Scropetta

O come accadde che accogliemmo il nostro primo bambino nell’acqua trasparente dell’oceano.

Pubblicato sul numero d’estate 2004 di Themothermagazine, www.themothermagazine.co.uk
Ho provato molte volte a scrivere questa storia e sono sempre rimasta delusa. Sentivo come mancasse qualcosa, nonostante non avessi apparentemente tralasciato alcun dettaglio. Un giorno successe che rilessi le sagge parole di Jeannine Parvati Baker, che parlavano di esperienza sciamanica e spirituale (Rituals for birth, The Mother magazine, Spring 2002), ripresi anche in mano il potente libro di Vicki Noble “Shakti woman” (Il risveglio della dea) e capii.
Il mio resoconto era la profanazione di un momento sacro. Mi era necessario parlerne in modo differente, andando a toccare l’essenza di quest’esperienza, che non ha nulla, ma proprio nulla a che vedere con alcun tipo di misura (quale tempo, dilatazione, contrazioni) e altri avvenimenti di ordine pratico. Tutto ciò, infatti, si trova fuori invece che dentro. Dovevo trovare parole diverse, un’altra lingua, un’altra prospettiva per condividere quello che mi accadde in quel momento speciale della mia vita. Dovevo tuffarmi ancora in quel fantastico stato alterato di coscienza per essere sincera, accurata e incisiva. Dovevo dimenticare quasi tutto quello che avevo letto sulla nascita, specialmente le immagini che avevo visto. Dovevo prendere le distanze dall’apparenza e connettermi nuovamente con la vera essenza.

Ecco allora la storia della nascita di Ephrem, il 20 ottobre 2000, giusto l’inizio della stagione calda all’isola Maurizio. All’approssimarsi della luna piena mi sentii davvero completa, eppure lo sapevo, quelli sarebbero stati i nostri ultimi giorni da “dentro” – godevo della mia pienezza, camminando ogni giorno fino alla piccola spiaggia che avevamo scelto per il parto e preparando inconsciamente il mio nido: le ultime piantine e semi nel giardino, pulizia della casa, alcune lettere e e-mails a cari amici. Mi sentivo bellissima, non avevo paura, non ero ansiosa, non stavo contando i giorni bensì semplicemente vivendo il momento.
Era come se stessi vibrando assieme a quella vita che portavo in grembo – pulsavamo assieme. Era tranquilla. Un mattino molto presto alla luce della luna appena calante scoprii una gelatina rosa e meravigliosamente profumata tra le mie gambe; tornai a letto nelle braccia accoglienti del mio compagno Yann-Vaї con la certezza che mi accingevo a cambiare stato.
Seguirono diverse ore di frutta tropicale, di buona musica, di amorevoli attenzioni da parte di Yann-Vaї, un ultimo massaggio a Ephrem attraverso il mio ventre al profumo di incensi e oli, mentre cominciammo a danzare assieme con i primi gentili movimenti del mio corpo e me che mi immergevo in queste sensazioni ancora
sconosciute. Come durante tutta la gravidanza, mi sentivo tranquilla e sicura, il messaggio di Ephrem continuava ad essere chiaro, tutto era perfetto e stava procedendo così come doveva. Importante mi sembrò lasciar accadere, lasciar accadere, accettare…
Tutto ad un tratto sentii come fosse arrivato il momento di partire per la spiaggia con tutto quello di cui pensavamo di aver bisogno (che ridere! Adesso preparerei la metà o anche meno!) con una sorta di “calma eccitazione” Immediatamente arrivati lì, ma non prima che il mio letto di foglie sotto il magnifico albero fosse pronto e l’albero stesso fosse decorato per l’occasione con coralli e conchiglie, la mia danza cominciò ad assumere un sapore diverso. Cominciarono a bruciare incensi alla rosa e al gelsomino. Prima ancora parlavo un po’ con Yann-Vaї, mangiavo, facevo qualcosa, in breve ero ancora “normale” anche se già in uno stato emozionale alquanto particolare.
A partire da quel momento fui presente esclusivamente per dare alla luce. Ero incredibilmente distante ma capace di accorgermi dell’arrivo di un cane prima che fosse possibile vederlo o sentirlo.
Yann-Vaї continuò a preparare la spiaggia, occupandosi di un grande fuoco per scaldare l’acqua che volevamo usare per il primo bagno di Ephrem, venne con me ogni volta desiderai entrare nell’acqua del mare e seguire le onde, prestò attenzione se dovesse arrivare qualcuno e chiese ai pochi (meravigliati) di andarsene. Fu un giorno di vento, fresco e nuvoloso, solo pochissime persone passarono di là dato che in ogni caso si trattava di una spiaggia pochissimo frequentata eccetto alcuni pescatori, che però erano già stati informati e rispettarono la nostra richiesta di intimità.
Egli veramente mi protesse e si prese cura di me.

Mi stavo sintonizzando con altre realtà e altri cicli. Il mio corpo stava seguendo i suggerimenti che gli arrivavano da tutti gli elementi. Ricordo chiaramente come mi sentii un canale tra il cielo e la terra: un potente raggio di luce e calore mi stava riempiendo, finché diventai semplicemente uno con il tutto.
Sentii il suolo sotto i miei piedi, soffice sabbia corallina, la saggia vitalità dell’enorme albero che mi offriva supporto quando ne sentivo la necessità, sentii l’acqua dell’oceano piena di risonanze e di messaggi che si mescolava all’acqua della laguna, sentii il vento.
Acqua di mare e vento mi diedero movimento, il suolo e l’albero stabilità, il cielo e la terra apertura e radici.

Godetti della danza della vita, ebbi fiducia nel mio corpo che stava cercando quello di cui sentivo bisogno: un cambiamento di posizione, acqua di mare o radice d’albero, una goccia di ylang-ylang o alcune di rescue remedy. Mi muovevo e mi comportavo come immersa in un sogno, seguendo un istinto primordiale.
Un mucchio di cerchi dell’infinito disegnati dal mio bacino. Mi stavo trasformando in una tigre: riscoprii la mia voce, quella animale. Era la voce di una tigre.

Io stessa intanto mi trovavo altrove, vicina alle stelle e agli spiriti.

Ricordo bene la mia sorpresa nell’accorgermi che il sole stava tramontando, avevo perduto ogni connessione con lo scorrere del tempo, mi sembrò un pomeriggio così corto! UN SOFFIO DI VENTO, UN BATTITO D’ALI DI FARFALLA!

D’un tratto, mi misi in piedi e dissi a Yann-Vaї: “Devo entrare nell’acqua” – coprendo i pochi metri che mi separavano dalla riva toccai e contenetti con la mano la testa di Ephrem che stava uscendo.

Alla scintillante luce della luna, nel silenzio del crepuscolo, il vento si tacque per un attimo. Come una regina scivolai nel mare, inginocchiata accolsi Ephrem, mi venne incontro leggiadro come un angelo. Si impressero nelle profondità della mia anima i suoi fantastici occhi spalancati a cercarmi e il suo volto pieno di saggezza. Fu eternità.

Come una regina mi rialzai e ritornai sul nostro letto di foglie tenendo Ephrem stretto al cuore, ancora connesso a me con il cordone.

Questa è la storia della venuta alla luce di Ephrem ed è anche la storia di Clara, ancora una giovane ragazza a dispetto dei suoi 34 anni, che dopo nove intensi e bellissimi mesi di preparazione, attraverso l’apertura di se stessa fece l’esperienza della connessione tra il cielo e la terra, accettò il mistero e la perfezione della vita, capii la sua posizione nell’universo, finalmente ricevette la sua iniziazione a donna. E divenne madre.
Onoriamo il silenzio e il mistero, ringraziamo il miracolo della vita.

A dire il vero ci sono stati anche altri momenti. La nostra base teorica era soltanto il libro di Leboyer “Si l’enfantemente m’etait contè” (Diario di una nascita); non conoscevamo Michel Odent o l’ostetricia spirituale, non sapevamo neppure che esisteva un nome per quello che ci apprestavamo a fare, unattended childbirth, parto non assistito, non conoscevamo nessuno che lo avesse fatto, in un certo senso eravamo pionieri e la conoscenza in cui riponevamo la nostra fiducia era ancora piena di paure e leggermente medicalizzata. È stato dopo che mi liberai di molte amenità ostetriche comunemente accettate ma inutili.
Di tanto in tanto ebbi paura, per esempio chiesi a Yann-Vaї di ispezionarmi per via vaginale (!!!!!) perché volevo “sapere” se stava procedendo…..non fu capace di riconoscere il grado di dilatazione, ma fu intelligente abbastanza da rassicurarmi dicendomi “è dilatato, è ancora più dilatato, e quindi scuramente quello che tocco è una testa”. Di tanto in tanto mi chiesi se fossi in grado di continuare a respirare, o se avessi potuto tollerare ancora a lungo quello strano dolore all’ano, o quanto sarebbe durato fino alla cosiddetta fase di transizione.
Si trattava della mia mente, di me incapace di lasciarmi andare incondizionatamente..o forse anche del rilascio necessario di alcune mie paure.
Una volta Yann-Vaї mi chiese qualcosa e io lo guardai stranamente, restai in silenzio un po’ per poi dirgli che davvero non ero in grado di avere una conversazione. Questa sua domanda mi disturbò così tanto. Non mi rivolse più la parola prima della nascita.
Il posto che scegliemmo era fantastico, tuttavia ora cercherei un angolo più raccolto, più intimo, anche solo l’albero vicino sarebbe andato bene. Preferimmo quello più maestoso per via della sua bellezza ma non demmo importanza al fatto che si trovasse al centro, aperto verso est, ovest e riva offrendomi un modesto senso di protezione.
Ephrem non si attaccò al seno quella sera (la prima volta fu la mattina dopo una lunga notte di sonno), tagliammo il cordone (dopo che smise di pulsare ma sempre troppo presto), Yann-Vaї gli offrì il primo bagno in acqua di mare tiepida (senza togliere il casex), io aspettai l’uscita della placenta ma alla fine fu Yann-Vaї a tirarla fuori. Questa storia della placenta devo ancora studiarmela per bene alla ricerca di ciò che mi impedì di accettare e di attuare la separazione dalla “inner mother”, la madre interna.
Tornammo a casa e trovammo nella cassetta della posta una lettera da Israele con il significato del nome Ephrem:
TRA MARE E TERRA…….FERTILITA’!

Rendo grazie alla potenza della natura e all’energia della vita che mi hanno appoggiata e mi hanno offerto un’esperienza tanto magica. Siate benedette.

Clara

Postfazione
Fin dall’inizio della gravidanza ricevetti e accettai il messaggio che tutto andava bene e sarebbe stato possibile partorire senza assistenza. Io e il mio partner Yann-Vaї decidemmo di andare a Maurizio prima di questa consapevolezza, con l’intenzione di approfittare del mare caldo e trasparente. Pensavo ad un parto nell’acqua non solo per l’attrazione incredibile verso questo elemento.
La vita è una fonte meravigliosa di suggestioni, così fu che anni prima ebbi il privilegio di visitare Flores, l’sola più occidentale delle Azzorre. In quel paradiso incontrai una coppia italo-francese (!) che aveva appena avuto un bambino in casa; a quel tempo non mi interessavo per niente a questi argomenti, addirittura non parlai molto con quella donna sulla sua esperienza, ma fu la prima volta che sentii parlare di parto al di fuori del contesto ospedaliaro e non me ne sarei più dimenticata.
In quel periodo ero piuttosto interessata a romanzi, film, conversazioni, “cultura”, così mi prestarono diversi libri tra cui quello di una scrittrice portoghese che raccontava l’odissea drammatica delle povere azzorreane costrette a partorire a casa senza assistenza, di come molte di loro fossero condannate alla morte dopo inutili sofferenze etc. Non posso spiegarlo in modo logico, ma da allora conservai una specie di “seme” dentro di me, come un’impronta subliminale: chiaramente c’era da investigare più a fondo.
Non molto tempo dopo visitavo a Berlino una mostra intitolata “Meergeboren”, nato dal mare; non diedi troppa importanza a tutto ciò che era in esposizione sul tema della nascita (la mostra era genericamente sulla nostra relazione con il mare, comunque mi accorsi a posteriori, dopo l’arrivo di Ephrem, che c’era qualcosa su Chris Grisgom che partoriva nell’oceano), ma conservo il ricordo vivido di me sdraiata su di un materasso ad acqua mentre mi beavo dei canti delle balene e sentivo profondamente come fosse giusto accettare che l’origine della vita sia nell’oceano. Fu come nutrire quel seme che già custodivo, pazzesco il mix di queste isole meravigliose piene di cascate, laghi vulcanici, onde vigorose dell’oceano aperto con l’idea di parto in casa e la comprensione dell’origine della vita.
Certo, a Flores si trattava di un parto in casa, ma il luogo così ricco di acque dolci e salate evidentemente mi ispirò – la mostra poi non trattava specificatamente di nascita, tuttavia entrambe le esperienze furono una sorta di richiamo per me – da allora non dubitai mai del fatto che avrei cercato quel tipo di situazione.
Per forza di cose gli angeli mi portarono Yann-Vaї come amante e padre, un giovane uomo di 24 anni che conosceva l’opera di Leboyer e anche la storia dei waterbabies russi – che razza di coincidenza!

Clara scropetta – mamma e scrittrice, si dedica a diffondere tutte le informazione a volte poco note che la vitta a messo nel suo camino