Sull’onda del Respiro

di Antonino Truglio

Un invito al riposo. Al respiro. Lasciarsi respirare dal respiro primario e procedere all’esplorazione di sé, nel Sè della Quiete primigenia, del silenzio onnipervasivo. Un viaggio di andata e di ritorno, ma un ritorno sempre nuovo: è una continua rinascita, quando riapri gli occhi sul lettino e sei pronto per la Vita. Questo è Craniosacrale: esplorazione, conoscenza di sé a partire dal proprio corpo fluido, sotto l’eterna guida della Respirazione Primaria. E’ rinascita, rinnovazione. In effetti, ad ogni momento ci si rinnova, in ogni singola cellula, ma non ne siamo coscienti: la Craniosacrale consapevolizza questo processo di rinascita innescando una nuova incarnazione, ed un nuovo sviluppo embrionale.

Craniosacrale è ascolto, osservazione, meditazione. Meditazione in coppia, applicata alla relazione operatore-cliente. All’improvviso, un lampo, un’insight: succede, come quando le grandi ali dello sfenoide chiedono spazio (racconto di un mio vissuto) e consapevolizzi il tuo bisogno di spazio, di libertà. Prima lo sapevi, ma era un sapere teorico, non illuminato dalla presa di coscienza immediata, diretta. Finalmente, ti si è accesa la lampadina: “Ah!” – puoi esclamare – ”Questo è ciò che voglio! Questo è il mio bisogno!”

 

Nei panni di operatore (riferisco di me stesso) si pecca a volte nel volerci mettere del proprio, nel nutrire delle aspettative che pregiudicano il naturale corso del processo, laddove, piuttosto, dovrebbe essere questo l’atteggiamento: “le mani seguono il sistema, il quale sa, per sua innata saggezza, come riorganizzarsi”. Quello che ci vuole è solo l’umiltà di non sapere, e la Fede: io non faccio, e non posso fare, nulla. Tutto avviene. Teoria e tecnica sono al servizio dell’auto-guarigione del cliente. Quando l’operatore incontra il proprio Ego, trova ansia, preoccupazione, insicurezza,  e deve allora essere in grado di osservarlo, di invitarlo gentilmente a farsi da parte, di ritornare, come ad un’ancora, al proprio respiro e  di aspettare, senza fretta. La paura del fallimento è legata alla presunzione,  all’illusione di essere “Io” a guarire l’”altro”. In effetti, l’operatore non lavora sul cliente, ma piuttosto su se stesso con il cliente. E non c’è nessun “Io” e nessun “altro”: nella relazione, si è due in Uno con il Tutto. Il cliente ha molto da dargli, da insegnargli: conoscere se stesso, le proprie zone d’ombra, i propri  bisogni di crescita spirituale. Tutto quello che si chiede è l’umiltà di imparare e l’attenzione a tale scopo  necessaria. Dobbiamo essere grati al cliente, riconoscerne la sacralità del corpo, che forma una cosa sola con la mente e con lo spirito che lo Anima. E comunicare con il cuore, perchè dare Craniosacrale è praticare empatia con amore.

 

Un ciclo di 8 sedute con mia madre, afflitta da un malessere alla spalla destra, le ha donato un po’ di sollievo e un certo miglioramento della mobilità articolare. Mia madre ha 81 anni, e riflette nel suo corpo tutta la rigidità, le ansie e le paure della sua mente. Era tesa e ansiosa sul lettino, con la fretta di finire pur non avendo nulla da fare. Non sa come rilassarsi, deve sempre avere qualcosa da “fare”. Invitandola a respirare con pienezza, ho potuto prepararla al lavoro, che ha interessato arti, articolazioni  e cervicali, ma poi l’intero sistema. Non le avevo promesso miracoli, e alla fine si è sentita meglio. Però dipende da lei: imparare a darsi tempo, a lasciar andare la preoccupazione ed il controllo. Non lo ripeterei, comunque, con alcun altro dei familiari: si rimane emozionalmente coinvolti per le implicazioni inerenti il legame affettivo, e questo non è un bene.

 

Quale che sia l’arte curativa praticata, nessuno può guarire, se non lo vuole. Non trovo, di conseguenza, che la Craniosacrale sia “migliore” o più efficace di altre tecniche, mediche o alternative: io la prediligo semplicemente perchè più confacente rispetto ai miei bisogni ed alla mia natura “tranquilla”. Non esistono, io credo, cure o rimedi  miracolosi, ma il “miracolo” della guarigione, o del cambiamento olistico, può avverarsi attraverso qualsiasi via intesa al benessere della persona solo se questa sia pronta, ricettiva, bendisposta.

 

Un concetto, e la conseguente  modalità operativa, ho trovato essenziali: si lavora sulla salute, non sulla malattia. La salute è lo stato originario dell’Essere; la malattia, se pure necessaria ai fini evolutivi, è tuttavia accidentale. Ci viene incontro l’insegnamento di matrice buddista, la Nobile Verità sull’origine della sofferenza, rinvenuta nell’attaccamento. Se invitiamo il paziente a indicare “dove” sente di stare bene, piuttosto che rimanere fissato, attaccato alla sua “malattia”, qualcosa può cambiare. Lo si può fare per via indiretta, se non sa localizzare alcun benessere nel suo corpo fisico, e cioè attraverso il corpo emozionale. L’induzione ad un ricordo, il vissuto di un’esperienza piacevole, serena  o gioiosa, e poi la domanda: “Dove senti questa serenità, questa gioia, questo benessere nel tuo corpo fisico?” A partire da quel luogo, lo stato di ben-essere si espande, nutre l’intero Essere. E conosciamo che ci possiamo ritornare in qualsiasi momento, anche il più doloroso, sol che lo vogliamo.

 

La malattia ha questo da insegnarci: che dipende da noi, che sta a noi assumerci la responsabilità della nostra salute e della nostra Vita: “basta”  lasciare andare l’attaccamento, che ha molte facce ed infinite forme. Scopriamo quale faccia sta mostrando in questo preciso momento. E’ tutta una scoperta: scopriamo! Poi, accogliamo il frutto della nostra scoperta e lasciamo andare tutto: il trauma che ci è stato rivelato e l’attaccamento ai suoi effetti, quali paura, rabbia, ansia, frustrazione… Vediamo che non sono permanenti, possiamo vederlo entrando nello stato meditativo cui induce Craniosacrale, in modo non dissimile a quanto avviene sedendo in “Vipassana”. E c’è, ancora, il contatto amorevole, rassicurante, il rispetto di mani che galleggiano, che si fermano, che si muovono, che ascoltano. Le mani di una madre che nutrono il  nostro bambino, quel bambino ferito che è dentro ciascuno di noi, che non ha dimenticato e che cerca la propria rinascita, la quale può essere solo “qui ed ora”, nell’Eterno presente che trascende ogni dimensione spazio-temporale,   ma che è Reale aldilà di ogni confine, di ogni umana convenzione e comprensione.

 

Il pesciolino nostro progenitore, il piccolo anfiosso, nuotava libero nel proprio mare: il nostro mare è l’Infinito, del quale siamo fatti, nel quale siamo immersi e possiamo anche noi, come pesci, nuotare liberi.

 

 

Voglio concludere queste brevi note sulla mia esperienza di Craniosacrale, per come l’ho sin qui vissuta, con un haiku che in poche sillabe ne condensi l’essenza:

 

 

onda di pace

emerge dal silenzio:

respira Eterno.

 

Voglio ringraziare Antonino per questo suo contributo da allievo del corso craniosacrale medium che si è svolto quest’anno a Roma. Antonino viene da Catania. Arriva in aereo un giorno prima. Riparte in aereo il giorno dopo il corso. Questo tempo ampliato che dedica alla formazione ha avuto sicuramente un effetto di amplificazione dell’esperienza. Dico spesso che durante i corsi si “mangia” molto, poi occorre digerire e metabolizzare tutto il cibo. L’esperienza individuale e le considerazioni che leggo mi fanno sentire l’esperienza incarnata e individuale dell’allievo arricchisce e differisce da quella del maestro.
Maderu Pincione