Un’esperienza clinica

dalla ricerca di Paola Angelosanto

UN TERRENO FERTILE PER LA SEMINA

Quello che la TCS biodinamica rappresenta è un giusto connubio fra fisiologia, biologia e quanto di scientifico può essere stato scoperto fino ad oggi sul corpo umano, e l’uomo come microcosmo imprescindibile dalla sua essenza, dalla sua interiorità e dalla sua storia presente e passata.
Il tutto senza perdere la consapevolezza che la vita è equilibrio, e che i modelli vitali sottili si rifanno alla matrice della salute, che è sempre presente, anche quando il caos della malattia impera.
Tali modelli vengono distorti quando si creano dei fulcri d’inerzia che bloccano lo scorrere dell’energia, e impegnano le forze dell’organismo in una lotta continua per cercare di arginare e contenere le conseguenze dell’instaurarsi della patologia. Con il trattamento biodinamico questi ristagni vengono sciolti, risolti e non sono in grado di riorganizzarsi, in quanto,a differenza dei modelli sani, non hanno una matrice primaria a cui rifarsi. Al cospetto del Respiro della Vita cadono resistenze e schemi razionali, il corpo rivela la dinamica incarnata, si attua una presa di coscienza sui traumi che hanno reso indispensabile lo stato di malessere e inizia un cambiamento profondo e duraturo. La propria tigre non fa più paura.
Oggi tutta l’attenzione della Scienza è concentrata sul codice genetico e sulla sua manipolazione, come se la soluzione a tutti i mali sia data dalla possibilità di effettuare dall’esterno delle riparazioni là dove la Natura si è rivelata “difettosa”.
Tale modalità d’intervento non fa altro che inserire, invertire, eliminare, amplificare ma, soprattutto, violentare senza mai chiedersi se sia giusto arrogarsi il diritto di decidere cosa è bene e cosa è male, se il potere che ci è stato dato abbia soltanto lo scopo di farci considerare noi stessi come meri ingranaggi dal meccanismo scontato.

CERCASI BIVIO DISPERATAMENTE

Tutto quello che Trilly ascolta, studia e sperimenta (su sé stessa e sugli altri), viene assorbito e integrato nella sua verità. Lei crede totalmente in ciò che fa, ma vincere la sua sensazione di non essere qualificata come operatore e riuscire a darsi delle possibilità, richiede una fiducia in sé stessa che ancora non ha e che la pone di fronte a una dinamica profonda e radicata. L’idea di spiccare il volo le toglie il respiro.
Dopo aver iniziato a mettersi in gioco insieme ad un’altra collega, approfitta dell’impegno di conseguire una laurea di primo livello per il suo lavoro per allontanarsi dalla sperimentazione e tornare al teorico, terreno in cui lei si sente al sicuro.
Ma la vita è una brava burattinaia e, quando è ora di entrare in scena, tira i fili degli eventi in modo da porre l’uomo proprio di fronte alle prove che, con tutte le sue forze, ha cercato di evitare.
Trilly viene invitata a trascorrere una domenica in un campo estivo di una associazione naturalista (per bambini di età compresa tra gli 8 e i 12 anni) per aiutare nella preparazione dei pasti e trascorrere una giornata all’aria aperta. Arriva il sabato sera per poi ripartire il lunedì mattina, visto che in ospedale è di turno il pomeriggio. La domenica però, dopo il pranzo, riceve la notizia che è deceduta una persona a lei molto cara e che i funerali si sarebbero svolti il lunedì pomeriggio. Trilly cerca di rintracciare i colleghi per cambiare il suo turno… i telefoni squillano, ma nessuno le risponde. Durante i festivi i pullman sono meno frequenti e, quindi, si rivela problematico anche raggiungere Roma.
Si arrende, ma si domanda perché il destino non la voglia far partecipare al funerale e perché la voglia ancora lì, al campo estivo.
La risposta arriva la sera: durante l’ultimo gioco, una bimba (Wendy) viene fatta cadere riportando una brutta contrattura alla schiena e alle spalle. Provano a massaggiarla ma non può essere neppure sfiorata; è rigida, non articola alcun movimento ed è notevolmente spaventata. Tutti hanno appena conosciuto Trilly e nessuno sa, tranne il suo compagno, che è un operatore craniosacrale.
Ed ecco il bivio che lei aveva cercato di cancellare dalle cartine stradali del suo percorso esistenziale: rimanere nell’anonimato, protetta ma incapace di dire “si” alla vita, oppure superare le proprie paure e ascoltare l’istinto che le sta chiedendo questo “si” da molto tempo?
La consapevolezza di essere forse l’unica persona presente in grado di poter fare qualcosa e lo stato d’animo della bambina giocano un ruolo determinante e Trilly riesce a chiedere a Wendy se è d’accordo a lavorare insieme per risolvere il problema.

IL PAGLIACCIO DAL CUORE BIANCO

La bambina viene sdraiata a terra, nel tendone dei viveri, sopra un’esile materassino; tutte le guide le sono intorno e guardano Trilly con un’aria interrogativa e incuriosita… è impossibile tirarsi indietro ora, ma lo farebbe molto volentieri.
Una di loro, una donna che sostiene di aver provato la terapia craniosacrale, rimane accanto alla bimba tenendole la mano.
Trilly chiede a Wendy se può prendere contatto e inizia la negoziazione. La bambina ha gli occhi spaventati e si lamenta che il dolore è molto forte, ma sostiene di poter resistere. Nel cadere ha sentito un “crack” indescrivibile, mai provato prima, in mezzo alle scapole e nelle spalle. E’ quasi intoccabile, non riesce ad aprire le braccia, la testa e il collo sono rigidi, notevolmente dolenti. Finchè permane la presenza della donna, Wendy resta vigile e il suo sistema bloccato.
Trilly percepisce che la bimba ha bisogno di essere sostenuta e quindi inizia mettendo le mani sotto le sue scapole. Nelle spalle c’è una forte tensione, tutto è trattenuto; i primi movimenti rivelano un bisogno di spazio e di scaricare le tensioni.
Quando finalmente rimangono sole, la bimba inizia a parlare dicendo che l’essere risultata a scuola la migliore della classe la fa soffrire, in quanto non si sente uguale agli altri. Vorrebbe essere mediocre e non eccellere in tutte le cose, perché questo la farebbe sentire più normale. Racconta che ha rotto un’amicizia per lei molto importante, che ne ha sofferto molto e che soltanto quando le è morta la nonna ha provato un dolore così grande. Mentre parla il suo corpo tende a contrarsi e a chiudersi ogni volta che esprime un giudizio o un dolore. Afferma “se mollo mi fa male”, come se la rigidità le garantisse di non soffrire.
Trilly chiede al sistema se vuole effettuare un’EV4 o un CV4 e quasi subito iniziano una espansione e un leggero abbandono. Poi chiede alla bambina di chiudere gli occhi, ancora vigili e spaventati, per tornare con la mente a un momento in cui è stata bene e serena, in modo da interiorizzare questo suo bisogno di parlare e non rimanere nel razionale. Inizia un dialogo terapeutico. Un attimo prima, però, Wendy le chiede se sta lentamente scivolando via con le mani, perché sta provando la stessa sensazione di quando era piccola e sua madre, convinta che si fosse addormentata, la lasciava piano piano. Dopo aver ricevuto rassicurazione, il corpo di Wendy si appiattisce e diventa più pesante sulle mani dell’operatore, come per garantirsi il contatto e la presenza. Wendy è in aereo e vola sopra le nuvole, felice. Ama volare perché la fa sentire libera e leggera.
Esegue il primo, profondo respiro spontaneo. Si trasforma in un uccellino, inizia a volare e vede dall’alto i due amici con i quali aveva litigato; volteggiando arriva a posarsi sulle loro spalle e, parlando loro all’orecchio, chiarisce tutto l’equivoco che aveva causato la rottura dell’amicizia.
Il diaframma toracico si apre, prende spazio e inizia una marea media che, però, si blocca al bacino. Trilly si sposta al sacro e percepisce che la zona lombare è ferma, rigida e con una accentuata iperlordosi. Soltanto in seguito scoprirà che Wendy studia danza classica… con ottimi risultati, ovviamente! Il dolore sembra attanagliarla di nuovo. Le viene chiesto di inspirare una luce bianca nella zona dolorante ed espirare un fumo grigio.
La bimba afferma che il bianco è il suo colore preferito, perché per lei rappresenta la purezza, l’essere in pace e in armonia con il mondo e che non esiste più la cattiveria. Respirando il bianco accade, nel suo più totale stupore, che tutto il suo corpo diventa bianco, ne perde i confini e il colore inizia ad espandersi tutto intorno. E’ come se lei fosse fuori, dappertutto; anche i suoi compagni e le guide diventano bianchi, mantenendo colorati soltanto gli occhi. E’ felice per questo mare di bianco e si sente libera.
Finalmente il sacro inizia un movimento craniosacrale, si appiattisce, si allarga e si percepisce una buona marea media. Arriva il secondo, profondo respiro-sospiro.
Trilly le chiede se anche il dolore è diventato bianco e si è sciolto in questo mare in espansione… no, lui vuole restare nero perché ha bisogno di rimanere lì e si è accorto che lei vuole raggirarlo. I sintomi si acutizzano nuovamente. Trilly lascia la mano sul sacro ma pone l’altra sotto le scapole. Provano a vedere se almeno il suo cuore è bianco, perché è più facile comunicare con il cuore, è lui che ci lega e l’amore che trasmette può superare ogni confine e difficoltà. E’ costante e infinito come il mare.
Il dolore assume le sembianze di un pagliaccio e accetta che Wendy gli diventi amica. Si prendono per mano e lei lo accompagna in giro per il campo estivo, gli fa visitare gli alloggi, la cucina e poi lo porta proprio lì dove si è fatta male… la bambina, dopo un sospiro, afferma che lui non le fa più paura. In quell’istante avviene un crack forte e deciso della spalla destra che torna finalmente al suo posto. Ora Trilly riesce a prendere contatto con l’occipite, prima intoccabile, e il collo lentamente inizia ad allungarsi ed espandersi. Anche il cranio respira.
Wendy sorride e dice che è molto piacevole. Sta iniziando a porre l’attenzione su ciò che accade fuori, sente gli altri bimbi tutti intorno al fuoco e vorrebbe essere lì con loro. Le braccia, però, ancora non sono libere. Trilly ne lavora uno alla volta, con il dolore che scivola via fino a sparire nella mano. Trattato il primo braccio, la bimba domanda se le verrà trattato anche l’altro perché non li percepisce uguali; continua a mostrare una grande sensibilità. Chiede incuriosita a Trilly se questo è il suo lavoro. Quando si sente rispondere di no, che lo fa soltanto agli amici, Wendy la guarda negli occhi e afferma:<< Peccato perché sei brava>>. Il cuore di Trilly ha un sobbalzo, colpito.
La terapia si conclude con un ascolto all’occipite e un riallineamento. Quando escono dal tendone scoprono che sono trascorse quasi tre ore e si è fatta notte.
Wendy ora alza le braccia fin quasi alle orecchie, gira la testa, si piega, ha fame e non ha più gli occhi spaventati. Quando pensa di non essere osservata, si muove più liberamente di quanto abbia dichiarato di poter fare. Raggiunge il suo gruppo intorno al fuoco e, come aveva pregustato, viene festeggiata, mangia con piacere e canta.
Il giorno dopo riuscirà anche a partecipare all’escursione in montagna con lo zainetto sulle spalle.

IL GIUSTO TEMPO PER OGNI COSA

Ma per Trilly la prova non è ancora finita: l’aspettano le guide per ringraziarla, visto che per loro l’unica soluzione era di portare Wendy al pronto soccorso più vicino, ma anche per sapere che cosa le è stato fatto, dato che a tutti sembra miracolata.
Spiegare la TCS biodinamica in poche parole non è facile, ma di sicuro suscita tante domande e tanto interesse. La ascoltano ed entrano in risonanza, in fin dei conti anche loro sono lì per essere in armonia con la natura e i suoi ritmi. Le chiedono anche un’opinione e dei suggerimenti riguardo la tendenza di Wendy a pretendere sempre il massimo da sé stessa durante le attività del gruppo e la sua propensione a una grande rigidità.
Trilly è stordita. Non ha neppure fame. Respira l’aria fresca della notte, ricca dei profumi della natura, ascolta il silenzio di quel cielo stellato che l’avvolge e ripercorre, passo dopo passo, le ultime tre ore. Non può fare a meno di rimproverarsi per tutto quello che avrebbe potuto fare e che, secondo lei, non ha fatto. Ma il miracolo è accaduto ugualmente, nonostante i suoi presunti errori e i suoi timori, perché tutto è stato fluido e gli eventi hanno seguito, immancabilmente, il loro corso.
C’è in lei una grande gioia per aver finalmente superato uno dei suoi blocchi, ma anche la consapevolezza che le sue paure non sono più avvalorate da inconfutabili motivazioni e che i tempi sono maturi per calcare le scene della propria esistenza. Tutto sembra pronto per spiccare il volo… d’altronde la vita l’aveva voluta lì e le aveva fatto rivestire proprio il ruolo da cui stava fuggendo, autorizzandola come nessun altro aveva mai fatto, con una semplicità davvero sorprendente.