I “Neuroni Specchio”

Neuroni specchio e craniosacrale

“Partiamo da questi tre strati di abilità palpatorie, superficiale, propriocettiva e sensomotoria, ed andiamo un passo più avanti.
Sapendo che questi tre strumenti lavorano in ogni caso, ascoltiamo, ascoltiamo, ascoltiamo.
Stiamo facendo un grande passo accettando che ogni cosa può accadere senza sapere perchè.
Questo è un sentire a livello quantico; è sviluppare un’abilità che non possiamo definire ma di cui possiamo essere sicuri che funziona.
Il contatto superficiale ci dà uno strato di informazione proveniente dal corpo fisiologico;
aggiungendo i propriocettori, aggiungiamo uno strato più profondo di informazione,
aggiungendo il sensomotorio approfondiamo ulteriormente il livello di informazione.
In seguito possiamo accantonare in blocco questi strati e dire :
“Io sto Ascoltando”, con una “A” maiuscola, ed entrare così in un livello quantico.
Non posso spiegarlo, ma posso ottenere più informazioni a questo livello quantico che negli altri tre combinati.”

(R. Becker)

La scoperta dei neuroni specchio aggiunge una base fisiologica al nostro SENTIRE. Le scoperte delle neuroscienze ci dicono che non solo abbiamo dei neuroni deputati alla percezione ma che il nostro sistema nervoso si PLASMA nella relazione empatica con la madre.
La mamma che è in grado di SENTIRE lo stato del suo piccolo e di tranquillizzarlo, di portarlo in uno stato NEUTRALE, di QUIETE e di tranquilla CALMA, usa gli stessi meccanismi naturali che un competente operatore craniosacrale ha imparato a riconoscere dentro di sè ed usare.

Durante la gravidanza si attiva quello che è stato definito il circuito cerebrale materno, che indubbiamente facilita la comunicazione col figlio neonato e permette di focalizzare su di lui tutte le proprie energie.”
(Massimo Ammaniti)

Possiamo considerare nel craniosacrale la relazione “terapeutica” tra operatore e cliente simile alla intimità della relazione madre-bambino ?

La capacità fisiologica dei neuroni specchio di “modularsi” non è la stessa che in craniosacrale usiamo per indurre uno stato di QUIETE .

Maderu Pincione

VS Ramachandran: The neurons that shaped civilization

Interessante video sui neuroni specchio

SINTESI DEGLI ARTICOLI E RICERCHE SUI NEURONI SPECCHIO

• Scoperti nei macachi da un gruppo di ricerca dell’Università di Parma, i neuroni specchio hanno una duplice capacità. Da un lato si “accendono” quando le scimmie compiono un’azione, ad esempio prendere un oggetto, dall’altro si attivano in maniera simile quando l’animale vede un altro individuo (scimmia o uomo) fare lo stesso gesto. 

• Il circuito cerebrale che è alla base del “sentire insieme”, costituito dai cosiddetti ‘neuroni specchio’ : un sorprendente tipo di cellule, che può fare da tramite tra sé e gli altri.

• Tali “Neuroni ad azione specifica imitativa”, sono situati in varie aree del cervello e agiscono in gran parte sulla riproducibilita’ dei movimento osservato da altri. 

• Quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni (le cellule che compongono il cervello) che si attivano quando siamo noi a compiere quella stessa azione. Per questo possiamo imitare l’azione altrui, perché il nostro cervello risuona, per dir così, assieme a quello della persona che stiamo osservando. Si tratta di un meccanismo cerebrale fondamentale, perché permette una sorta di comunicazione non linguistica fra i cervelli. Essi ci aiutano a sintonizzarci con gli altri e potrebbero spiegare il concetto chiave dell’empatia.

• I neuroni specchio si attivano quando viviamo una particolare emozione o osserviamo altre persone vivere un’emozione.
Secondo i ricercatori i neuroni specchio possono mandare messaggi al sistema limbico o emotivo del cervello aiutandoci a sintonizzarci sui sentimenti della persona che stiamo guardando.

• Detto altrimenti, l’animale umano scopre se stesso – così come sosteneva Merleau-Ponty – come quel certo corpo che è, quella certa soggettività che è, soltanto attraverso la relazione con l’altro.

• Le scoperte sul sistema specchio ci dicono in sostanza che siamo altruisti Il sistema specchio, infatti, ci dimostra che siamo contenti quando gli altri sono contenti e scontenti in caso opposto.

• Il sistema specchio umano è assai complesso, coinvolge molteplici regioni cerebrali, incluse le aree del linguaggio, e sembra intervenire, oltre che nella comprensione delle azioni e delle emozioni altrui, anche nella capacità di apprendimento per imitazione, proprietà molto sviluppata nell’uomo.

• Nei pazienti autistici, soprattutto nei bambini, il sistema specchio è ipofunzionante, è in qualche modo interrotto. Le persone autistiche non riescono a entrare in sintonia con il mondo che le circonda, perché non capiscono i gesti altrui.

• La madre e la sua funzione di “specchio” per il bambino. Durante la gravidanza si attiva quello che è stato definito il circuito cerebrale materno, che indubbiamente facilita la comunicazione col figlio neonato e permette di focalizzare su di lui tutte le proprie energie. Infatti le madri anche osservando il comportamento del figlio, ad esempio se questo pianga o rida, entrano in risonanza emotiva col figlio come se stessero anche loro provando le stesse emozioni

LINK AI SITI DI APPROFONDIMENTO

Conferenza Scientiae Munus: 

Neuroni specchio: un meccanismo per capire e interagire con altri individui

Prof.Giacomo Rizzolatti

Istituto di Fisiologia Umana, Universita’ di Parma

http://scientiaemunus.provincia.parma.it/page.asp?IDCategoria=44&IDSezione=197&IDOggetto=156&Tipo=GENERICO

Riflessi mentali – Un’intervista con Giacomo Rizzolatti, il ricercatore che ha scoperto i «neuroni a specchio»

Luca Tancredi Barone – il manifesto – 31 ottobre

Intervista a Rizzolatti sui «neuroni a specchio»

Nei neuroni-specchio il riflesso sociale della natura umana 

di Felice Cimatti – da Il manifesto del 22 giugno 2005

Incontro con Vittorio Gallese, autore di una tra le scoperte neurologiche più importanti degli ultimi anni, quella dei cosiddetti «mirror neurons».

http://www.pablorosso.it/gallese.htm

Le basi cerebrali dell’altruismo

Intervista a Giacomo Rizzolatti, fra i massimi studiosi dei neuroni specchio

http://www.tempomedico.it/2005/797/new.php?id=006

Definizione di “Neurone specchio” da wikipedia

http://it.wikipedia.org/wiki/Neurone_specchio

NEURONI SPECCHIO, LINGUAGGIO E AUTISMO* 

Luciana BRANDI, Andrea BIGAGLI 

Preleva file pdf

Autismo e neuroni specchio

http://psicocafe.blogosfere.it/2005/12/autismo-e-neuro.html

Ecco il “neurone specchio”, così condividiamo i sentimenti

http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=3520

Creativita’ e comportamento adattativo. I NEURONI SPECCHIO”

Paolo Manzelli 

http://www.descrittiva.it/calip/dna/mirror.htm

VIDEO SUI NEURONI SPECCHIO

Di Giulietta capacchione

http://psicocafe.blogosfere.it/2006/10/i-neuroni-specchio-video-post.html

DAL SITO TEMPOMEDICO.IT

Le basi cerebrali dell’altruismo

Intervista a Giacomo Rizzolatti, fra i massimi studiosi dei neuroni specchio

di Anna Piseri – Tempo Medico n. 797

26 giugno 2005

Altruismo, empatia, apprendimento, comprensione dell’intenzionalità: qualità umane di rilievo, di cui si occupano filosofi, sociologi, pedagogisti, psicologi e, da qualche tempo, anche neurofisiologi. 

Soprattutto chi fa ricerca sui “neuroni specchio”: un sorprendente tipo di cellule, che può fare da tramite tra sé e gli altri.

Scoperti nei macachi da un gruppo di ricerca dell’Università di Parma, i neuroni specchio hanno una duplice capacità. Da un lato si “accendono” quando le scimmie compiono un’azione, ad esempio prendere un oggetto, dall’altro si attivano in maniera simile quando l’animale vede un altro individuo (scimmia o uomo) fare lo stesso gesto. 

L’agire altrui fa “risuonare” all’interno di chi osserva i neuroni che si attiverebbero se lui stesso compisse l’azione. Tecniche di analisi neurologica fine, che arrivano a livello cellulare, hanno permesso di scoprire e studiare l’attività di questi neuroni negli animali. Metodi di visualizzazione dell’attività cerebrale rendono possibili analoghe indagini sull’uomo. Si sta così scoprendo che il sistema specchio umano è assai complesso, coinvolge molteplici regioni cerebrali, incluse le aree del linguaggio, e sembra intervenire, oltre che nella comprensione delle azioni e delle emozioni altrui, anche nella capacità di apprendimento per imitazione, proprietà molto sviluppata nell’uomo.

Su Science del 29 aprile scorso, in un articolo a firma Fogassi, Ferrari, Gesierich, Rossi, Chersi e Rizzolatti, il gruppo di Parma indaga un’ulteriore potenzialità dei neuroni specchio: la capacità di attribuire intenzioni agli altri. Una semplice azione, come quella di prendere un pezzo di cibo da un tavolo e portarselo alla bocca per mangiarlo, o di prendere lo stesso pezzo di cibo e riporlo in un contenitore, è una catena di atti semplici, ognuno comandato da un neurone motorio nella corteccia del lobo parietale. Nei macachi studiati, la catena cambia sin dal primo gesto se l’intenzione dell’azione varia: il neurone motorio che per primo si accende è diverso se la scimmia afferra il cibo per mangiarlo o se lo afferra per posarlo in un contenitore. E diversa è la catena dei neuroni specchio che si attivano nell’osservatore di tali gesti: sin dall’inizio il sistema specchio fa risuonare la catena giusta di neuroni, prima che il gesto altrui sia messo in atto.

Se questa è una capacità del sistema specchio nei macachi, quali sono le potenzialità di quello umano? Per saperne di più Tempo Medico ha rivolto alcune domande a Giacomo Rizzolatti, autore di riferimento dello studio appena pubblicato.

I neuroni specchio, come vi è venuta un’idea simile?

Bisogna innanzi tutto dire che alcuni psicologi avevano previsto che vi fosse un meccanismo di accoppiamento tra visione e capacità motoria, ma il meccanismo con cui le informazioni relative al mondo esterno e gli eventi che vi accadono sono organizzate e, quasi miracolosamente, acquistano un senso nella nostra mente è rimasto a lungo un mistero. Una volta, un po’ per caso, durante le nostre osservazioni etologiche sui macachi, abbiamo visto che alcuni neuroni si attivano anche quando una scimmia non mette in atto una determinata azione. E’ sufficiente che osservi un’altra che compie quell’azione. Incuriositi dal fatto, abbiamo cercato di capire meglio, scoprendo così che si tratta di un fenomeno reale: c’è tutta una popolazione di neuroni che si attiva quando l’individuo vede compiere un’azione identica a quella che lo stesso neurone codifica.

Se le cose stanno così, perché si pensa che il sistema specchio potrebbe essere coinvolto nel meccanismo d’apprendimento per imitazione?

Per apprendere qualcosa, per esempio suonare la chitarra, bisogna mettere insieme piccoli elementi già presenti nel nostro bagaglio di gesti conosciuti. Tutti sappiamo muovere le mani, ma per suonare la chitarra l’importante è muoverle in un certo modo e produrre un determinato risultato.

L’apprendimento comporta l’osservazione, la codifica dei gesti con il sistema specchio e poi una complessa rielaborazione, ancora sconosciuta, da parte del lobo frontale.

Visto che i neuroni specchio sono gli stessi neuroni che comandano una specifica azione, come è possibile che si accendano, senza che questo corrisponda a un gesto?

Esiste un sistema di blocco, un meccanismo frenante. Se guardo una partita di calcio e mi appassiono molto, quasi mi viene da calciare quando un giocatore fa goal, ma ovviamente non lo faccio. L’economista Adam Smith racconta dell’empatia col funambolo che porta a oscillare e muoversi, quando si assiste a una persona che cammina sulla corda, come se la si volesse aiutare. In realtà saremmo indotti ad agire, ma c’è un sistema che ce lo impedisce. L’azione però compare nei malati che hanno un “comportamento d’imitazione involontario”; senza volerlo continuano a imitare i gesti altrui. Quando i medici provano a produrre gesti strani e senza senso di fronte al paziente, questo li ripete, senza volerlo. Alla domanda del perché si comporti così, la risposta è che “viene automatico”. Questi malati hanno un danno nel lobo frontale.

Così come ci sono disturbi in cui lo specchio è attivo fino in fondo, ci sono anche malati in cui sembra che il sistema non funzioni? E’ vero che l’autismo corrisponde a un’alterazione del sistema specchio?

Vari gruppi hanno scoperto che nei pazienti autistici, soprattutto nei bambini, il sistema specchio è ipofunzionante. Non si può ancora dire se questa sia la base fisiologica dell’autismo o se sia un correlato, come tanti altri disturbi presenti in questi pazienti. Certo è un’ipotesi interessante, da esplorare. Potrebbe spiegare perché le persone autistiche non partecipino alla vita di tutti gli altri. Non riescono a entrare in sintonia con il mondo che le circonda, perché non capiscono i gesti altrui. Le altre persone si muovono ma è come se si trattasse di robot, che agiscono senza precisi scopi. E’ come vivere in un mondo di zombie che fanno cose strane, di cui non si capisce bene l’intenzione. Se il sistema specchio è davvero coinvolto, è affascinante, perché avremmo di fronte un possibile ventaglio di tecniche riabilitative da ideare e sperimentare.

Il sistema specchio funziona solo per i gesti o ci sono altre caratteristiche del nostro comportamento che attivano specchi interiori?

Abbiamo recentemente scoperto, in collaborazione con un gruppo francese, che c’è un sistema specchio anche per le emozioni, in particolare abbiamo sondato la sensazione di disgusto, facendo inalare odori sgradevoli e mostrando i volti di persone disgustate. Il meccanismo che provoca sensazioni spiacevoli, come il vomito, coinvolge una particolare area encefalica, denominata insula. Il titolo che abbiamo dato al nostro lavoro è “Siamo entrambi disgustati nella mia insula“. Nei bambini autistici potrebbe mancare questo meccanismo. I pazienti affetti da autismo non riescono a capire quando gli altri si emozionano: quello che per tutti è un sorriso per loro è una semplice smorfia, un movimento dei muscoli facciali che non corrisponde ad alcuna emozione. Questo li isola dal resto del mondo.

Un sistema dunque, che ci fa stare bene insieme agli altri?

Le scoperte sul sistema specchio ci dicono in sostanza che siamo altruisti. Anche molti economisti si stanno interessando dell’argomento perché sono messe in discussione alcune teorie economiche classiche, in base alle quali l’unica molla che fa agire l’uomo è l’egoismo, che andrebbe quindi indirizzato a fin di bene. Il sistema specchio, invece, ci dimostra che siamo contenti quando gli altri sono contenti e scontenti in caso opposto. Esiste dunque un meccanismo di base fisiologico in cui la felicità altrui è anche la propria.

NEURONI SPECCHIO  E INTERAZIONE MADRE-BAMBINO

Molti autori, come ad esempio Winnicott, hanno dato rilievo all’enorme importanza dell’interazione del bambino con la madre.

È ancora Winnicott a ricordarci l’importanza della reattività della madre e della sua funzione di “specchio” per il bambino. L’Italia ha dato un grande contributo alla scoperta, recentissima, delle strutture neurologiche che permettono l’empatia e la comprensione, i “neuroni specchio”.

Essi sono attivi non solo quando compiamo noi stessi un’azione, ma anche quando vediamo compierla da altri. Possiamo quindi “sentire” il comportamento altrui; i “neuroni specchio” sono la base di quella “comprensione” che è ben altra cosa dalla correttezza della risposta che può avere un sistema informatico. Per gli studiosi italiani che tra i primi li hanno analizzati, i neuroni specchio hanno avuto un ruolo fondamentale nella evoluzione del linguaggio e dell’empatia.  (DAL SITO PAOLINE.IT)

“E’ noto, ormai da parecchi anni, che un meccanismo imitativo, molto semplice, è attivo nel bambino già nei primi giorni di vita, anche se questa capacità è presente solo per un breve periodo. A poche ore dalla nascita un’espressione particolare del viso materno, un sorriso, la bocca spalancata, viene imitata dal neonato che è anche in grado di ricordarla, riassociando quell’espressione alla sua mamma.

A differenza di altri primati, con la posizione eretta il contatto e lo scambio visivo tra madre e figlio sono divenuti quanto mai determinanti nella comunicazione e nella condivisione dei reciproci stati d’animo, confermato anche dal fatto che nell’occhio umano si può cogliere la direzione dello sguardo in quanto la pupilla e l’iride sono ben distinguibili.

Queste particolari capacità umane sono divenute via via più importanti per l’allevamento dei figli, dal momento che i lattanti, se sono relativamente immaturi sul piano motorio, sono allo stesso tempo precoci nello sviluppo delle competenze comunicative, requisito indispensabile per far parte della comunità umana.

… Se questo avviene nella mente delle madri, anche a livello del cervello avvengono grandi cambiamenti durante la gravidanza, come viene raccontato nel libro The mommy brain di Katherine Eleison. Tramite questi cambiamenti il cervello delle madri sotto la spinta degli ormoni migliora le sue prestazioni, addirittura i neuroni diventano più grandi….

Durante la gravidanza si attiva quello che è stato definito il circuito cerebrale materno, che indubbiamente facilita la comunicazione col figlio neonato e permette di focalizzare su di lui tutte le proprie energie.

Anche la recente scoperta dei neuroni specchio a livello cerebrale apre interessanti sviluppi per studiare il comportamento delle madri. Infatti le madri anche osservando il comportamento del figlio, ad esempio se questo pianga o rida, entrano in risonanza emotiva col figlio come se stessero anche loro provando le stesse emozioni. Naturalmente le madri non si limitano ad osservare i comportamenti dei figli, sono anche in grado- come abbiamo messo in luce tramite le nostre ricerche- di attivare le aree cerebrali che predispongono le risposte motorie quando il bambino pianga o manifesti un malessere.

Se l’uomo è riuscito a sopravvivere anche in condizioni difficili e addirittura avverse questo è dipeso dalle sue grandi capacità di adattamento e comunicazione, che si cominciano a sviluppare fin dalla nascita con l’aiuto dei genitori e della famiglia.

(DAL SITO www.anep.it) 

Dal Libro “So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio” di Giacomo Rizzolati e Corrado Sinigaglia (Raffaello Cortina Editore)

Qualche tempo fa Peter Brook ha dichiarato in un’intervista che con la scoperta dei neuroni specchio le neuroscienze avevano cominciato a capire quello che il teatro sapeva da sempre. Per il grande drammaturgo e regista britannico il lavoro dell’attore sarebbe vano se egli non potesse condividere, al di là di ogni barriera linguistica o culturale, i suoni e i movimenti del proprio corpo con gli spettatori, rendendoli parte di un evento che loro stessi debbono contribuire a creare. Su questa immediata condivisione il teatro avrebbe costruito la propria realtà e la propria giustificazione, ed è a essa che i neuroni specchio, con la loro capacità di attivarsi sia quando si compie un’azione in prima persona sia quando la si osserva compiere da altri, verrebbero a dare base biologica.

Le considerazioni di Brook rivelano quanto interesse abbiano destato al di fuori degli stessi confini della neurofisiologia le inaspettate proprietà di quei neuroni. Esse hanno colpito non soltanto gli artisti, ma anche gli studiosi di psicologia, di pedagogia, di sociologia, di antropologia, ecc. Pochi forse conoscono, però, la storia della loro scoperta, le ricerche sperimentali e i presupposti teorici che l’hanno resa possibile, nonché le implicazioni che essa avrebbe sul nostro modo di intendere l’architettura e il funzionamento del cervello.

È appunto tale storia che questo libro vuole provare a raccontare. È una storia che inizia con l’analisi di alcuni gesti (come raggiungere e afferrare qualcosa con la mano, portare del cibo alla bocca) che per la loro familiarità tendiamo a sottovalutare, e che ha un protagonista cui a lungo le neuroscienze (e non solo loro!) hanno assegnato un ruolo di secondo piano, riducendolo talvolta a semplice comparsa: il sistema motorio.

Per decenni ha dominato l’idea che le aree motorie della corteccia cerebrale sarebbero destinate a compiti meramente esecutivi, privi di alcuna effettiva valenza percettiva e, meno che mai, cognitiva. Le difficoltà maggiori nello spiegare i nostri comportamenti motori riguarderebbero l’elaborazione dei diversi input sensoriali e l’individuazione dei substrati neurali dei processi cognitivi legati alla produzione di intenzioni, credenze, desideri. Una volta che il cervello è in grado di selezionare il flusso di informazioni proveniente dall’esterno e di integrarlo con le rappresentazioni mentali generate più o meno autonomamente al suo interno, i problemi inerenti al movimento si risolverebbero nella meccanica della sua esecuzione secondo il classico schema: percezione — cognizione — movimento.

Uno schema del genere poteva risultare convincente finché del sistema motorio si aveva un’immagine estremamente semplificata. Ma oggi non è più così. Sappiamo che tale sistema è formato da un mosaico di aree frontali e parietali strettamente connesse con le aree visive, uditive, tattili, e dotate di proprietà funzionali molto più complesse di quanto si potesse sospettare. Si è scoperto, in particolare, che in alcune aree vi sono neuroni che si attivano in relazione non a semplici movimenti, bensì ad atti motori finalizzati  (come l’afferrare, il tenere, il manipolare, ecc.), e che rispondono selettivamente alle forme e alle dimensioni degli oggetti sia quando stiamo per interagire con essi sia quando ci limitiamo ad osservarli. Questi neuroni appaiono in grado di discriminare l’informazione sensoriale selezionandola in base alle possibilità d’atto che essa offre, indipendentemente dal fatto che tali possibilità vengano concretamente realizzate o meno. 

Se guardiamo ai meccanismi secondo cui funziona il nostro cervello ci rendiamo conto di quanto astratta sia la descrizione abituale dei nostri comportamenti che tende a separare i puri movimenti fisici dagli atti che tramite questi verrebbero eseguiti, Così come astratti appaiono molti degli esperimenti condotti di solito per registrare l’attività dei neuroni e in cui gli animali, per esempio le scimmie, vengono considerati alla stregua di piccoli robot capaci di eseguire solo compiti rigidamente specificati. Se però si effettuano le registrazioni dei neuroni in un contesto il più naturale possibile, lasciando l’animale libero di prendere come più gli piace il cibo o gli oggetti che gli vengono offerti, si trova che a livello corticale il sistema motorio non ha a che fare con singoli movimenti, ma con azioni. Del resto, non diversamente dai primati non umani, per lo più noi non ci limitiamo a muovere braccia, mani e bocca, ma raggiungiamo, afferriamo o mordiamo qualcosa.

È in questi atti, in quanto atti e non meri movimenti, che prende corpo la nostra esperienza dell’ambiente che ci circonda e che le cose assumono per noi immediatamente significato. Lo stesso rigido confine tra  processi percettivi, cognitivi e motori finisce per rivelarsi in gran parte artificioso: non solo la percezione appare immersa nella dinamica dell’azione, risultando più articolata e composita di come in passato è stata pensata, ma il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende. Si tratta, come vedremo, di una comprensione pragmatica, preconcettuale e prelinguistica, e tuttavia non meno importante, poiché su di essa poggiano molte delle nostre tanto celebrate capacità cognitive.

Questo tipo di comprensione si riflette anche nell’attivazione dei neuroni specchio. Scoperti all’inizio degli anni novanta essi mostrano come il riconoscimento degli altri, delle loro azioni e perfino delle loro intenzioni, dipenda in prima istanza dal nostro patrimonio motorio. Dagli atti più elementari e naturali, come appunto afferrare del cibo con la mano o con la bocca, a quelli più sofisticati, che richiedono particolari abilità, come l’eseguire un passo di danza, una sonata al pianoforte o una pièce teatrale, i neuroni specchio  consentono al nostro cervello di correlare i movimenti osservati a quelli propri e di riconoscerne  così il significato. Senza un meccanismo del genere potremmo disporre di una rappresentazione sensoriale, di una raffigurazione “pittorica” del comportamento altrui, ma questa non ci permetterebbe mai di sapere cosa gli altri stanno davvero facendo.

 Certo, in quanto dotati di capacità cognitive superiori, potremmo riflettere su quanto percepito e inferire le eventuali intenzioni, aspettative  o motivazioni che darebbero ragione degli atti compiuti dagli altri. Tuttavia, il nostro cervello è in grado di comprendere questi ultimi immediatamente, di riconoscerli senza far ricorso ad alcun tipo di ragionamento, basandosi unicamente sulle proprie competenze motorie.

Il sistema dei neuroni specchio appare così decisivo per l’insorgere di quel terreno d’esperienza comune che è all’origine della nostra capacità d’agire come soggetti non soltanto individuali ma anche e soprattutto sociali. Forme più o meno complicate di imitazione, di apprendimento, di comunicazione gestuale e addirittura verbale trovano, infatti, un riscontro puntuale nell’attivazione di specifici circuiti specchio. Non solo: la nostra stessa possibilità di cogliere le reazioni emotive degli altri è correlata a un determinato insieme di aree caratterizzate da proprietà specchio. Al pari delle azioni, anche le emozioni risultano immediatamente condivise: la percezione del dolore o del disgusto altrui attivano le stesse aree della corteccia cerebrale che sono coinvolte quando siamo noi a provare dolore o disgusto.

Ciò mostra quanto radicato e profondo sia il legame che ci unisce agli altri, ovvero quanto bizzarro sia  concepire un io senza un noi. Come ricordava Peter Brook, al di là di ogni differenza linguistica o culturale, attori e spettatori sono accomunati dal vivere le stesse azioni ed emozioni. Lo studio dei neuroni specchio sembra offrirci per la prima volta un quadro teorico e sperimentale unitario entro cui cominciare a decifrare questo genere di compartecipazione che il teatro mette in scena e che di fatto costituisce il presupposto di ogni nostra esperienza intersoggettiva. 

http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=3520